di Domenico Silvagni
Quando si parla di carcere ognuno coltiva
le personali convinzioni che derivano dalla propria cultura, come gli avvocati
i cui principi garantisti sono conosciuti; anche “Area”, una delle componenti
più progressiste dell’Associazione dell’Anm si contraddistingue per le
posizioni garantiste e al Guardasigilli Alfonso Bonafede ha più volte
sollecitato l’attenzione sull’altissimo rischio che il coronavirus potrebbe
rivelarsi per il nostro sistema penitenziario, sottolineando anche che se a
dover essere tutelati sono i detenuti, lo deve essere «…anche chi lavora per
loro.» Considerazione sacrosanta e ben venga: se per smuovere le coscienze non
basta parlare dei diritti dei detenuti, mettiamoci anche un pizzico di buon
cuore utile a richiamare l’attenzione sui lavoratori che, dietro le sbarre,
rischiano anche loro.
Nel question time dello scorso 24 Marzo
alla Camera, anche il Ministro Bonafede, da par suo, ha contribuito alla
pluralità di vedute sul carcere con un dato che sarebbe da farsa se non fosse
terrificante: il Decreto Cura Italia che prevede la concessione «accelerata» della
detenzione domiciliare per chi potrebbe uscire ma, qualora la pena residua
superasse i 6 mesi, il detenuto potrebbe uscire solo con il braccialetto
elettronico. Quindi, sul surplus di almeno 10mila persone detenute, ne sono
uscite solo 200. Il Guardasigilli ha scherzato con il fuoco e infatti Vittorio
Sgarbi, con la verve che lo contraddistingue, gli ha dato dell’«untore» e ha
rincarato che: «…per la responsabilità giuridica e morale, dovrebbe essere
indagato».
Anche Michelle Bachelet, alto commissario
Onu per i diritti umani, sottolinea che per i detenuti il covid-19 potrebbe
essere «devastante» e che sarebbe opportuno liberare i reclusi più
«vulnerabili» al virus, come i malati e i meno pericolosi. Naturalmente non
sono mancate voci contrarie come quella di Jacopo Morrone, leghista ed ex
Sottosegretario alla Giustizia che, manco a dirlo, ha rispolverato la
filastrocca dello «svuotacarceri mascherato… stupratori e truffatori che
potrebbero tornare liberi e darsi alla fuga».
Una sicumera da trinaricciuta memoria che
neppure la ragionevole argomentazione del dem. Walter Verini è riuscita a
scalfire:«…ci sono 10 mila reclusi in più e il sistema potrebbe diventare una
bomba sanitaria.» Il PD ha chiesto «…misure per far rispettare le distanze
necessarie». Anche Lucia Annibali e Gennaro Migliore, deputati renziani, hanno
incalzato il Ministro e gli hanno ricordato come le Camere Penali da giorni lo
stiano pressando per conoscere il numero delle persone detenute e quanti siano
i braccialetti disponibili; quanti i casi di reclusi colpiti dal virus e quali
le soluzioni che il capo del DAP, del quale i renziani chiedono la rimozione,
intenderebbe adottare. Bonafede offre all’Aula e a chi segue la diretta
televisiva, risposte in parte disarmanti e per lo più terribili: dei 200
mandati a casa, solo 50 sono dotati di braccialetto elettronico mentre gli
altri 150, già beneficiari di licenze per il lavoro esterno, possono dormire a
casa e in tal modo evitano di portare all’interno (delle carceri) il contagio;
i contagiati isolati o ricoverati sono 15 (al 24.03 n.d.r.); gli aventi diritto
a uscire sono circa 6mila ma i braccialetti sono 2.600, però non disponibili
prima del 15 Maggio e – allegria!! - «…da fine febbraio siamo scesi da 61.235 a
58.592 detenuti». Morale: niente svuotacarceri, il poco che è stato introdotto
dal “Cura Italia” consentirà di uscire a poche migliaia di persone, ma c’è da
chiedersi e da chiedere per quale motivo non si sia stata presa in
considerazione la possibilità di non far rientrare negli Istituti e mandare a
casa anche gli artt. 21 così come è stato fatto per i semiliberi?
Pur nel diverso stato giuridico - i
semiliberi godono di maggiore libertà – anche art. 21 ogni mattina escono dagli
istituti per lavoro, studio, volontariato, attività socialmente utili ecc. per
poi rientrare la sera: con i beneficiari delle misure previste nel Salva Italia
sarebbero migliaia di persone e il loro non rientro serale sarebbe una boccata
d’ossigeno per quella bomba a orologeria che è l’insieme delle carceri italiane
e invece le anime deciso di bloccare i percorsi alternativi e rinchiudere, si
spera provvisoriamente, quanti avevano maturato con anni di carcere, il diritto
a una parvenza di normalità. Inutile coltivare l’illusione di una
irraggiungibile normalità per coloro che si sono scoperti ostaggi di chi
considera il diritto e la Legge mezzi per creare consensi, tanto per la
Giustizia c’è sempre tempo. Nel frattempo consoliamoci con il calo dei reati e
con qualche giudice che sceglie di depositare la sentenza in ritardo per
evitare di ingolfare il lazzaretto.
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