di
Federica di Credico
L'isolamento, la convivenza forzata e
l’instabilità socio-economica, derivante dalla pandemia da SARS-cov-2 che ha
travolto il mondo a partire da gennaio 2020, possono avere come conseguenza un
aumento di violenza intra-familiare? Lo abbiamo chiesto al dottor
Fabio Gardelli, Psicoterapeuta, Responsabile Centro Clinico Abruzzo
N.E.C.
“In base a quello che conosciamo sulla
tematica e alle statistiche disponibili sappiamo che in periodi ordinari
avviene un’impennata rispetto agli episodi di violenza durante le vacanze
estive e le festività, i periodi nei quali la convivenza è più stretta. Ad oggi
per motivi legati agli strumenti di rilevazione e alla tempistica non abbiamo
dati ufficiali sul numero effettivo di denunce e sui reati conclamati che
emergono in questi mesi da gennaio a marzo 2020. Gli unici dati disponibili in
rete fanno riferimento ad episodi di violenza: nell’alto Padovano “massacrata a
colpi di martello dal marito, donna 48 enne, ora ricoverata all’ospedale di
Camposampiero” (23 marzo 2020). “Roma, una donna è stata accoltellata e
decapitata dal figlio ventenne, e così a Brindisi, sempre per mano del figlio,
un’altra donna è morta a colpi di pugnali” (22 Marzo 2020). Emiliano Bezzon,
comandante polizia municipale di Torino: “solo ieri, 19 marzo sono stati
eseguiti 9 TSO: ricovero forzato per pazienti psichiatrici potenzialmente
pericolosi.
Avete confrontato i dati raccolti con
altri paesi?
In Cina abbiamo dei dati che fanno
riferimento al mese di febbraio 2020 presso la stazione di polizia (contea di
Jianli del distretto di Jingmen) sono state ricevute 162 segnalazioni di
violenze domestiche, il triplo dei 47 casi denunciati nello stesso mese del
2019. E già a gennaio il numero dei casi denunciati era più che raddoppiato
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Già da questi dati si evince
che il fenomeno di aggressività e violenza potrebbe aver subito un aumento in
questo periodo.
Come vengono raccolti i dati statistici in
Italia per stabilire l’entità delle violenze?
I dati appena descritti sono solo alcuni
degli episodi, forse provvisori, emersi in questi mesi. La riflessione sui dati
spesso è fuorviante in quanto il fenomeno è molto più complesso e variegato
rispetto alle apparenze mediatiche. Non esistono numeri assoluti che possano
descriverci un fenomeno complesso come le violenze domestiche e ancor meno
rispetto alle violenze accorse in questi mesi. Se prendiamo i dati del Telefono
Rosa riportate al mese di marzo 2020 emerge infatti che le telefonate, rispetto
a quelle dello stesso periodo dell'anno scorso, nelle prime due settimane di
marzo sono diminuite del 55,1%: da 1.104 sono passate a 496, di queste le
vittime di violenza che hanno chiamato il telefono dedicato sono state 101 con
una diminuzione del 47,7%.
Meno richieste, meno problemi?
Da questi dati provvisori sembra che le
richieste di aiuto siano addirittura diminuite, e a prima istanza si potrebbe
superficialmente concludere che la quarantena sia stata un pacificatore
sociale. In realtà, la situazione in Italia è ben più grave e complessa a
prescindere da dati ufficiali in quanto in base alle statistiche EuroStat (dopo
il 2010) vi è un numero oscuro rispetto alle violenza in comparazione con altri
paese europei. Prendendo in esame i dati relativi ad una parte delle violenze
in Inghilterra e Svezia si evince che gli stupri sono 20 volte superiori
rispetto a quelli denunciati in Italia. Questo dato balza agli occhi come inesatto,
infatti secondo un indagine Istat (2006) solo l’8% delle donne delle donne
italiane vittime di stupro avevano denunciato alla polizia l’accaduto. In
conclusione l’ipotesi, che ha probabilmente matrice storico-culturale e di
habitat della penisola, è che in Svezia viene denunciato uno stupro ogni due,
mentre in Italia il numero stimato di siffatti reati è molte volte superiore al
dato ufficiale. E’ evidente che tale complessità nelle persone possa generare
confusione e pregiudizi informativi.
Stando ai dati riportati quale sembra
essere il motivo che mette in relazione la convivenza in casa e la violenza
domestica?
Da un punto di vista concettuale e
pragmatico la violenza domestica va analizzata attraverso due dimensioni
distinte: la prima inerente le cause di una probabile impennata delle violenze
domestiche e la seconda rispetto alle motivazione ipotetiche per le quali vi
possa essere un numero inferiore di denunce rispetto al dato reale. In questo
periodo di isolamento e convivenza forzata le coppie e le famiglie sono
costrette a condividere in modo assiduo la casa. La casa rappresenta quindi il
luogo in cui esprimere se stessi, senza la possibilità di avere accesso ad
altri mezzi di espressione esistenziale. Questo ci costringe ad una forte mediazione
e negoziazione con noi stessi rispetto alle dimensioni del piacere e del
dovere, in quanto non possiamo far emergere le nostre istanze più profonde se
non ritagliando la libertà di chi ci è accanto. In questo contesto si vanno ad
aggiungere pulsioni istintuali profonde rettiliane e mammifere come la paura,
l’aggressività e la sessualità che hanno grosse difficoltà ad essere sublimate
(redirette in modi sani e consueti) con ad esempio l’impossibilità di fare
sport, di uscire o di parlare con amici vis a vis.La seconda dimensione di
analisi riguarda la difficoltà e talvolta impossibilità di effettuare denunce.
L’ipotesi in questo frangente è pragmatica
in quanto la stretta convivenza sottopone le persone, che già subivano
violenza, allo stretto controllo dei loro aguzzini in quanto non si hanno spazi
per evadere o telefonare senza correre il rischio di subire ulteriore violenza.
La paura e l’impotenza possono essere le principali stati nei quali molte
persone oggi si trovano non solo per quanto concerne situazioni preesistenti
aggravate dalla convivenza ma anche dal Virus pandemico che ci porta a
confrontarci con l’impotenza esistenziale che viviamo, e abbiamo sempre vissuto
di fronte alla natura da un lato creatrice dall’altro distruttrice.
Cosa possiamo fare per aiutare e
contrastare questo fenomeno?
Inutile dire che la soluzione in emergenza
è quanto più superficiale rispetto al fenomeno in essere. La prevenzione e la
promozione di una cultura dell’ascolto, del dialogo e della negoziazione
attraverso strumenti non paleogiurassici potrebbe essere un inizio, qui
possiamo ricordare con veemenza l’assenza di una cultura psicologica nelle
scuole, l’assenza di una dimensione emotiva e motivazionale nell’istruzione
tutti insegnamenti che promuovano consapevolezza interiore.
Oggi la nostra cultura neocapitalistica è
prevalentemente basata su tre “S”: Sesso, Soldi e Successo, che si connotano di
una natura di sublimazione della propria pulsionalità o al contrario si
delineano in processi ipermoralizzanti delle stesse rappresentando una fuga
dalla realtà stessa. Anziché passare da uno stato solido ad uno gassoso
(sublimazione) dovremmo imparare a trasformarci attraverso l’altro, diverso da
noi.
Le tre “S” andrebbero trasformate in
processi che portano al Simbolico, al Significato e al Senso di tutto quello
che ci sta accadendo. Questo Virus che viene dalla natura dovrebbe farci
riflettere rispetto al senso che sta alla radice e a quanto noi possiamo essere
“Virus” per la natura stessa di cui anche l’altro, diverso da noi ne fa parte.
Dovremmo entrare tutti, e avremmo dovuto
già da tempo imparare a farlo, in una realtà simbolica di interiorità che dia
senso e significato a quello che ci sta accadendo e alla realtà che stanno
vivendo le persone che ci sono accanto attraverso processi di “Empatia”.
Concludendo dovremmo accettare la grande
sfida che questa emergenza ci sta “donando” mettendoci in conflitto con le
nostre limitazioni più profonde che fino ad ora abbiamo, attraverso
scorciatoie, imparato ad evitare, fuggendo. Ci siamo tutti quanti illusi di
avere realtà naturali, esistenziali e relazioni sempre “controllabili”
attraverso la cosiddetta “razionalità“, al contrario la nostra vita “reale” è
incontrollabile, talvolta anche insondabile e dobbiamo spesso accettare l’impotenza
di dover trasformare noi stessi piuttosto che il mondo che ci circonda.
In attesa di un’utopia che possa
trasformare la società, il pensiero e le genti dobbiamo affrontare questa
emergenza con tutti i mezzi di protezione e di solidarietà che la società ci
può offrire, con coraggio e accettando i rischi.
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