di Edy Di Marzio
Abbiamo
tutto eppure in questi giorni di Coronavirus sento abusare della frase “siamo
in carcere”. Capisco, quindi accetto, il senso che gli può dare una persona che
ha direttamente vissuto (o che vive ancora) la cella e la sezione di un
carcere. Sono convinto, invece, che gli altri la usino con leggerezza, con
inconsapevolezza. Temo quindi che la frase “siamo in carcere” possa diventare
irrispettosa per chi il carcere è costretto a subirlo anche per un solo giorno.
“Le parole sono importati” e vorrei non
passasse l'associazione d'idee che il carcere sia solo una limitazione dello
spostamento per qualche settimana così come più o meno la sta vivendo la
maggior parte delle persone. Una limitazione che ci permette di andare a fare
la spesa, di comprare il giornale, di fare i lavori in casa, di andare in
farmacia, di comprare una pastarella ...
Una limitazione limitata, molto limitata.
Per tante persone è anche molto semplice: cibo, caldo, connessione internet,
poltrona, palestra, giardino, musica, letto comodo, una stanza in cui poter
stare da soli, … tutto se e quando vuole.
Una limitazione che per noi assume anche
un valore positivo, di solidarietà, di bene comune, di limitazione e
rallentamento del numero dei contagiati per far sì che chi sfortunatamente ne
subisce gli effetti possa accedere alle cure. Una limitazione che, quindi, ci
fa anche onore. E che, possiamo dire, è anche una nostra scelta. Onore
nell'ottica di una solidarietà e di un rispetto degli altri. Ma chi sono gli
altri? Mi sembra che siano quelli come
noi. Quelli che riusciamo ad immaginare, con cui riusciamo in qualche modo ad
immedesimarci. Mi viene da pensare e sintetizzare che sono quelli che possono
fare qualcosa per noi e quelli per i quali noi non dobbiamo fare molto.
Mi dispiace trovare in un bel gesto una
dose di egoismo. Però, salvo rare eccezioni, non ci preoccupiamo di chi è in
carcere e che non può rispettare le indicazioni di restrizione, di igiene e di
buon senso emanate in questi ultimi giorni dal governo. Analogamente non ci
preoccupiamo di chi una casa non ce l'ha. Non ci preoccupiamo di chi pur avendo
un tetto vive di elemosina. Non ci preoccupiamo di chi sta nei centri di
accoglienza. Non ci preoccupiamo, per esempio, dei malati oncologici che si
vedono posticipare un intervento. Non ci preoccupiamo delle persone con
disabilità e delle loro famiglie costrette a stare ancor più sole a gestire
situazioni difficili. Non ci preoccupiamo di chi vive alla giornata, che non ha
un contratto di lavoro eppure ci permette di avere, per esempio, i supermercati
pieni di frutta e verdura. Non ci preoccupiamo di tanti altri ancora.
Molte persone si indignano a sentire
parlare delle proteste violente dei detenuti. Non se ne parla, non ci si chiede
perché protestano. Non si sa che la maggior parte delle persone in detenzione
protesta in modo molto composto per un diritto costituzionale. Lo stesso che
tutela ogni persona, indipendentemente dal suo stato civile, dal suo ceto, dal
suo orientamento politico, dall'essere in uno stato di libertà o di detenzione.
Lo stesso diritto che ci permette di lavorare da casa o di stare a casa e di
usufruire, almeno per molti, di sussidi. Ancora una volta ci nascondiamo dietro
quel “filo sottile” di omertà che abbiamo noi fuori. Fuori dalle mura del
carcere, dalla povertà, dalla malattia .... Dentro-Fuori. Noi-Loro. Non ci
dovrebbe essere distinzione, eppure c'è e non vogliamo vederla.
Mi auguro, quindi, che questo virus porti
anche il cambiamento a cui diverse persone lavorano da tempo, in modo
invisibile ai più, per far sì che veramente possiamo diventare tutti un po' più
uguali.
Mi
auguro che il virus ci dimostri che ci sono alternative praticabili ma limitate
solo per volontà, assenza di empatia e per convinzione che non siamo tutti
uguali (penso, per esempio, all'utilizzo del telefono e della videoconferenza
dei detenuti con le persone a loro care). Mi auguro che questo egualitario
virus porti uno slancio al principio di uguaglianza, ovvero che contribuisca ad
affermare e a riconoscere la dignità di ogni persona.
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