Tempi che
stiamo vivendo da quando il virus ha cominciato a diffondersi nel mondo e che
non saranno certo corretti (e noi non saremo certo liberati) da un padre
nostro, da un medico con mascherina e
lenti di vetro, da uno stato d’emergenza. Sistemi che si limitano a trattare il
sintomo, ignorando - volutamente o meno - che il male è molto più profondo, e che può venire
curato individuandone la causa (un sistema che vive sullo sfruttamento di gran
parte del mondo ad opera di una parte ben più piccola, dove l’uomo è mero strumento della politica e
dell’economia, mezzo, dunque oggetto e certo non fine), isolandola (questa sì)
e rimuovendola alla radice cosicché
l’uomo possa finalmente vedere l’altro (il malato, il vecchio, il
migrante, il povero, il carcerato, lo straniero) e non solo se stesso, quel se
stesso in realtà totalmente cieco e preoccupato che tutto torni al più presto
come prima, con meno danni possibili,
anche a costo della morte degli altri (per guerre, fame, malattie),
anche a costo di una non vita in uno stato di emergenza come regola di vita.
Anche questo
numero speciale, come il precedente, è realizzato con i testi dei detenuti
delle nostre redazioni di Chieti e Pescara che ci sono arrivati via Skype e per
posta ordinaria. Ma oltre ai loro testi anche i contributi dei volontari
dell’associazione e di alcuni nostri commentatori come lo scrittore Giovanni
D’Alessandro, l’antropologa Lia Giancristofaro, il professor Giuseppe Mosconi,
ordinario di Sociologia del Diritto, lo psichiatra Marco Alessandrini e tanti
altri. Ciascuno secondo un proprio punto di vista: ci sono i racconti dei giorni della protesta e le speranze di
una vita da liberi, c’è la descrizione e le impressioni che derivano
dall’improvviso distanziamento sociale, ci sono storie che parlano di
solidarietà. In tutti un grande interrogativo: come sarà il dopo Covid 19? Sarà
un mondo guidato dal buon senso? E soprattutto: che cosa ci avrà insegnato
questa pandemia? Nei nostri articoli, le ansie e le preoccupazioni. E una
speranza: che le voci di dentro e quelle di fuori tornino a parlarsi e a
riconoscersi perché in questa barca nessuno si salva da solo. E questa
pandemia ce l’ha mostrato in tutta evidenza. (F.L.P.)
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