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Libero da venti giorni dopo una vita dentro di solo ozio


di Leonardo Pizzi

Sono uscito il giorno 10 marzo dal carcere di Chieti, ai domiciliari grazie al decreto svuota carceri che prevede di scontare la pena residua nella propria casa, o in una abitazione ritenuta idonea dal magistrato. In particolare i requisiti per poter accedere a questa misura alternativa sono pena residua da espiare sotto i 18 mesi, non avere reti ostativi da scontare, idoneità del domicilio dove finire di scontare la condanna, relazione socio familiare, e una buona relazione di sintesi da parte dell'istituto penitenziario. 

Io personalmente i requisiti li avevo quasi tutti. Dico quasi perché sono uscito con una relazione di sintesi del 3/07/2019, quindi risalente a più di otto mesi fa, nella quale pur affermando che mi sono sempre comportato bene, si consigliava la prosecuzione del trattamento intramurario. Per mia fortuna il magistrato non ne ha tenuto conto, forse visto anche la non attualità della relazione nella quale addirittura si prescriveva che dovessi obbligatoriamente frequentare il Sert quando non ne sono più a carico dallo scorso ottobre. Ennesima conferma delle incongruenze e delle contraddizioni  nella fase istruttoria della pratica.
 Sono uscito appena da 20 giorni ma non posso fare a meno di pensare alla vita in carcere, se così si può chiamare, dove l'unico scopo è quello contenitivo, contenere degli esseri considerati lo scarto più scarto della società. Carceri dove  l'ignoranza, l'ozio e la noia regnano sovrani e dove non si fa nulla per combatterli, dove non ci viene data nessuna possibilità.
Ho conosciuto molte persone meritevoli, ho conosciuto delle persone splendide, con un intelligenza e un umanità da far invidia a molti. Ma nessuno che opera dentro un carcere ( e mi riferisco al personale penitenziario e agli educatori ) può vedere questo se prima di tutto, al di sopra di ogni cosa vede esclusivamente il colpevole di un reato e non una persona con la sua storia e la sua vita.
 L’ho detto più volte, ma non fa mai male ripeterlo: il carcere non dovrebbe esistere, e le statistiche confermano che è un enorme fallimento. Ma se proprio non riusciamo a liberarcene allora si deve fare in modo che cambi: c'è bisogno di formazione, cultura, attività e lavoro, che tengono impegnati e che facciano sentire utili i detenuti, cercando di impiegarli (ovviamente limitatamente a chi ne ha i requisiti) in un contesto sociale, cercando di aiutarli con dei lavori utili per la società.
Occorre fare in modo che la società libera cominci a vedere chi sono realmente i detenuti. Occorre costruire in ponte fatto di fiducia, che permetta un graduale reinserimento, facendo cadere il pregiudizio, che opprime, declassifica, e uccide i sogni e l'anima di chi vuole realmente avere una altra possibilità. Il detenuto è una persona, una risorsa e non un peso.

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