Passa ai contenuti principali

Intervista a Lucia Avantaggiato (direttrice carcere di Lanciano)



Siamo tutti preoccupati, il personale e certamente i detenuti. Soprattutto spaventati. E’ accaduto qualcosa che non avremmo mai immaginato. Stiamo comunque vivendo questo momento con grande senso di responsabilità e impegno”.
Dice così a Voci di dentro la dottoressa Maria Lucia Avantaggiato, direttrice del carcere di Lanciano, Casa circondariale con sezioni di alta sicurezza, media sicurezza e zeta per collaboratori di giustizia.
Nel suo istituto non ci sono state tensioni e proteste, ci spiega perché?
“Il motivo è molto semplice: abbiamo raccolto quanto seminato negli anni passati: nella responsabilizzazione del detenuto che ha compreso il problema. Certo non ci siamo fatti cogliere di sorpresa”.

In che senso, dottoressa Avantaggiato?
“Ancora prima che il ministero emanasse le direttive (peraltro fatte con molto ritardo) e cioè prima che disponesse il blocco dei colloqui, qui a Lanciano, non appena abbiamo avuto notizia di quanto accadeva in Cina siamo corsi ai ripari e abbiamo detto ai detenuti che se la pandemia fosse arrivata in Italia avemmo dovuto chiudere.
Lo abbiamo fatto ai primi di febbraio e i detenuti hanno capito. La decisione di chiudere l’istituto e di sospendere i colloqui è stata accettata perché i detenuti sono impegnati da anni in diverse attività tutte tese a responsabilizzarli e a farli crescere. Ed è così che hanno accettato anche per la scurezza dei loro familiari di sospendere i colloqui. Credetemi è un atteggiamento di grande serietà: il colloquio è una boccata di ossigeno. Inoltre abbiamo provveduto anche alla sicurezza sanitaria: anche qui abbiamo giocato d'anticipo: dalla farmacia Sparvieri abbiamo acquistato le mascherine e i guanti. Altri sono arrivati da alcune aziende locali. Anche la mamma di un detenuto ci ha donato una quantità importante di mascherine e guanti”.
Un atteggiamento, un modo di operare che ha dato i suoi frutti.
“Abbiamo cercato di dare una speranza di "ordinarietà'" anche in questa situazione che va oltre ogni ordinarietà. Infatti grazie alla collaborazione di eccellenti ispettori di Polizia  penitenziaria  esperti in informatica abbiamo attivato piattaforme on line per consentire ai detenuti di riprendere le attività  scolastiche e quelle universitarie da remoto”.
Come avete superato il problema della sospensione dei colloqui? Quali strumenti avete attivato?
“Abbiamo subito attivato quattro postazioni Skype e organizzato 80 video- chiamate al giorno. Oltre a questo abbiamo messo in uso quindici smartphone moltiplicando da due a quattro le chiamate a settimana per detenuto. Inoltre abbiamo intensificato le attività esterne, giardinaggio ad esempio e una squadra di detenuti sta tinteggiando tutto il carcere. Per ripartire quando tutto questo sarà finito. Non è tutto: abbiamo attivato collegamenti on line con i  volontari che a tanto si sono resi disponibili. Abbiamo il teatro e in questi tempi di emergenza i detenuti stanno facendo le prove da soli. E lo stesso vale per la biblioteca. Il volontariato non ha mai interrotto la relazione umana con i detenuti che sono stai seguiti, attraverso lettere che i volontari stessi hanno mandato ai detenuti . Lettere individuali e collettive che venivano mandate sulla mia mail e che io ho fatto  stampare per i detenuti. Abbiamo anche mantenuto la presenza del Cappellano, non in senso reale , perché  molto anziano e da proteggere, ma don Bruno ha donato a tutti i detenuti  colombe quale simbolo di pace e uova di Pasqua,  quale simbolo di RI-nascita. Anche un imprenditore  locale ha inteso sostenere i detenuti indigenti,  facendo loro la spesa di Pasqua”.
Come ha reagito il personale? Ci risulta che molti hanno scelto di non presentarsi al lavoro. Paura?
“Molto personale ha tenuto un  comportamento  davvero eroico,  assicurando il servizio sempre, anche quando le mascherine scarseggiavano e bisognava riciclare per giorni sempre le stesse.
Molti soprattutto degli amministrativi si sono adattati egregiamente allo Smart working, svolgendo comunque una attività  lavorativa efficace ed efficiente. Queste diverse reazioni fanno comprendere che ci sono persone capaci di esprimere il meglio di sé  anche in situazioni estreme e ci sono persone che anche nella normalità  esprimono il peggio di sé, e quindi a maggior ragione nella straordiarietà.
I rapporti con la Sorveglianza?
“La Magistratura ha faticato molto a capire la svolta epocale segnata dal virus anche in carcere. Ho dovuto lottare molto di penna per far comprendere i rischi di un contagio in una comunità con 300 detenuti e 200 dipendenti. Ho dovuto lottare molto per proteggere la salute individuale di taluni detenuti ad altissimo  rischio di decesso in caso di contagio  e per la conseguente tutela della salute collettiva. Colgo l' occasione per citare , invece,  un grande Magistrato, il Procuratore Generale di Corte di Cassazione  Dottor Giovanni Salvi per come ha dimostrato di comprendere perfettamente la terribile realtà  del momento ed il conseguente  bisogno di alleggerire la popolazione detenuta. Questione di sensibilità, di coraggio, di stare nelle situazioni, di " fare cio' che si deve, ma stando in ciò che si fa", senza paura, senza ignavia,  senza codardia”.
E con il Dap? Hanno compreso la gravità della situazione, sono intervenuti per tempo o al contrario sono stati colti alla sprovvista?
“In questa assurda emergenza il Provveditore Dottor Carmelo Cantone si è' rivelato un grandissimo leader. E' stato tempestivo  in ogni risposta organizzativa, capace di previsione, capace di ricognizione, attento ai bisogni in tempo reale. Ed è stato capace di rimodulare l'organizzazione così  da renderla perfettamente aderente alla realtà che stiamo vivendo. Sempre attento ai Dirigenti  con i quali ha conservato un contatto telefonico e in video conferenza costante, sempre presente sul territorio. Un Provveditore  attento ai bisogni del personale ed a quelli dei detenuti. Sempre concreto ed efficace. Un vero capo,  che sta traghettato il penitenziario in questo momento surreale in modo eccellente”.
Quale insegnamento da questa situazione?
“Noi tutti, detenuti compresi, ci stiamo rendendo conto di quanto siamo fragili, di quanto è importante la libertà, di quanto sia necessario seguire i valori del rispetto reciproco. I detenuti, dal canto loro, riflettono sul senso della vita e sulla libertà. Quest’ultimo un valore inestimabile. Quando perdi la libertà te ne accorgi, ma non bisogna aspettare di perderla per comprenderne il valore. Bisogna averne cura prima di perderla. Speriamo che questo ci sia di insegnamento”.
La pandemia aiuta a riflettere?
Sì, ma aiuta solo chi è già allenato e pronto a farlo. E poi, ci sono sempre le conversioni improvvise,  sulla via di Damasco”.

sfoglia la rivista

Commenti

Post popolari in questo blog

speciale covid/2, 64 pagine lo speciale può essere sfogliato cliccando qui    oppure letto sotto articolo per articolo

Il dono/Sul nulla a caso e sull’origine del coronavirus

di Dario Masini Ho cercato sul vocabolario etimologico la “parola” pipistrello, ed ho appreso che proviene dal latino “vespertilio”, che a sua volta viene da “vesper”, sera. Il pipistrello vola nella notte, ed esce dalla caverne, che ne costituiscono l’ambito naturale in cui vive raccolto con i suoi simili. Il “pipistrello” evoca una paura, un timore, che diviene quasi incontrollabile, quando ti ci senti aggredito. Nella mia vita ho sempre pensato che “nulla è a caso”, e che quindi il Signore, “non a caso”, può avere scelto il pipistrello, e non la lontra, per mandarci questo covid 19. L’altra notte ho fatto un sogno, di una quindicina di persone che salivano su di un monte, su di una larga strada, che sotto di loro facevano ruotare con i piedi un rullo, sul quale quindi salivano la strada, e sopra di loro, tenevano un altro rullo, a braccia alzate, che ruotavano con l’azione delle loro mani. Dopo alcuni metri del “salire”, si aggiungeva un’altra squadra di persone alcune ...

Quando le parole sono pietre

di Fabio Ferrante Lo stigma sociale è il fenomeno che attribuisce un’etichetta negativa a un membro o un gruppo con determinate caratteristiche. Fenomeno, questo, ben conosciuto da chi scrive sulle pagine di questa rivista o che partecipa alle attività di Voci di Dentro, ma che mai avrei pensato di vedere associato a un contesto quale quello dell’epidemia da Coronavirus. Una situazione che vedevo come piena di solidarietà, gesti eroici (ma anche comportamenti dissennati), intensa profusione al sacrificio, ma soprattutto un contesto che legava tutti come non mai in un momento di difficoltà (come sempre sappiamo fare noi italiani). Non mi aspettavo che esistesse un documento, prodotto da IFRC, Unesco e WHO con raccomandazioni del John Hopkins Center for Communication Research, che indicasse le linee guida per prevenire e affrontare lo stigma sociale, nel campo della salute, nei confronti di persone con specifiche malattie che possono essere discriminate, allontanate, soggette a perdit...