di Francesco Blasi
Per evitare che negli istituti di pena vada in scena un disastro simile a quelli che hanno decimato altre comunità chiuse, come alcune case di riposo per anziani, occorre mandare agli arresti domiciliari almeno 10 mila detenuti tra quelli che hanno un fine pena breve e coloro che soffrono di patologie o hanno età per cui un contagio potrebbe essere fatale”.
Dice così Alessio Scandurra responsabile dell'Osservatorio di Antigone a
ragione molto preoccupato per la situazione negli istituti di pena
sovraffollati e in condizioni igienico sanitarie spesso al di sotto degli standard
minimi previsti.
“Certo, non possiamo non riconoscere che
il decreto Cura-Italia è coinciso con un cambio di passo di fronte ai rischi
prospettati dal contagio, ma l'alleggerimento delle carceri, comunicato da
Bonafede alcuni giorni fa in Parlamento in risposta a un'interrogazione, non è
soltanto poco in raffronto alle proporzioni dei problemi, attuali e potenziali,
ma è dovuto per una parte consistente all'impegno profuso da molti uffici di
Sorveglianza che a macchia di leopardo sul territorio hanno lavorato anche nei
fine settimana per individuare quei detenuti ai quali applicare le misure
alternative. Eppure siamo ad appena 3 mila su una popolazione carceraria
stimata intorno alle 60mila persone. Si tratta di detenuti che scontavano pene
residue minimali e pregresse, più altri le cui condizioni di salute erano
divenute incompatibili col regime detentivo, come i dializzati per esempio, i
quali non potevano più osservare il ciclo di uscita e rientro negli istituti
per sottoporsi alle cure. Una causa di questa limitata portata risiede
senz'altro nella attuale riduzione degli effettivi degli uffici pubblici, in
parte in conseguenza del decreto e in parte per le comunicazioni di malattia
inoltrate da molti dipendenti. Ora, se l'amministrazione della Giustizia e quella
penitenziaria sono centralizzate, quella sanitaria è dipendente dalle singole
Regioni, per cui non abbiamo una risposta omogenea sul territorio nazionale”.
“Rileviamo che qualcosa sta cambiando,
nell'emergenza, nella cadenza dei rapporti tra i detenuti e i loro familiari -
annota Scandurra - visto che sembrano cadute alcune restrizioni in ferreo
vigore fino a poco tempo fa. D'altra parte quello che ci arriva dai congiunti è
un quadro che parla di insopportabili ansie in chi è dall'altra parte, dove al
comprensibile stato d'animo legato alla detenzione si aggiungono le paure di
cadere vittime del contagio. E' una situazione inedita quella che fronteggiamo,
visto che noi stessi siamo sottoposti, come tutti gli italiani, a limitazioni
nei movimenti che scandiscono in qualche modo anche una nostra sensazione di
impotenza di fronte agli interrogativi che ci vengono posti dai familiari con
il contorno di emozioni che chiunque può immaginare”.
Ci sono altri fattori, secondo
l'associazione, a inquietare sulla tenuta del sistema carcerario all'emergenza
nel prossimo futuro. “Se mettiamo in conto - prosegue Scandurra - la
fisiologica carenza di posti dovuta ai cicli di ristrutturazione e adeguamento
in corso in alcuni istituti, abbiamo già una dimensione del problema che non
conforta. Ma a rendere tutto più complicato è un'ulteriore carenza di spazi
dovuta al combinato disposto degli adattamenti per rispondere al distanziamento
sociale introdotto dal decreto e dei lavori di ripristino resi necessari dai
disordini nelle carceri dello scorso marzo. Che, sia detto per inciso, sono la
naturale conseguenza delle condizioni previgenti all'emergenza unite al terrore
di fronteggiare il contagio nelle situazioni che ci sono già note».
E qui si apre già il capitolo del dopo-virus,
che il responsabile dell'Osservatorio di Antigone prefigura a tinte fosche.
“Riceviamo notizie poco rassicuranti, anche se in attesa di una verifica più
puntuale, di ulteriori restrizioni, forse punitive, scattate in conseguenza
delle rivolte. Temiamo che, conclusa l'emergenza, molte delle misure
migliorative della vita nelle carceri conquistate in anni di paziente
interlocuzione col Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria vadano
perdute con questa stretta. E che domani occorra ricominciare tutto da capo.
No, non siamo tranquilli”.
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