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speciale covid/2, 64 pagine lo speciale può essere sfogliato cliccando qui    oppure letto sotto articolo per articolo
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Editoriale

Oltre la maschera è il titolo di questo secondo speciale di Voci di dentro dedicato all’emergenza Coronavirus. Titolo e immagine in copertina - la maschera della peste creata nel 1600 e l’inferno,   con Lucifero e i dannati, immaginato da Giotto nel suo affresco realizzato all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova tra il 1303 e il 1305   -   ci sono sembrati adatti ad illustrare questi nostri tempi che sono tempi di mascheramenti, caos, trasformazione, imprigionamento e infine di tortura. Tempi che stiamo vivendo da quando il virus ha cominciato a diffondersi nel mondo e che non saranno certo corretti (e noi non saremo certo liberati) da un padre nostro, da un   medico con mascherina e lenti di vetro, da uno stato d’emergenza. Sistemi che si limitano a trattare il sintomo, ignorando - volutamente o meno - che il   male è molto più profondo, e che può venire curato individuandone la causa (un sistema che vive sullo sfruttamento di gran parte del mondo ad opera di una part

L’attesa e la speranza

di Mauro Vitale L’attesa e la speranza sono le dimensioni costitutive della vita. L’essere umano vive sempre aspettandosi dal futuro quello che pensa di non avere nel presente, in una situazione di perenne attesa; rifugiarsi nei ricordi è spesso illusorio e non rende felici, altrettanto illusorio è il pensare alle speranze del futuro.  Per i cattolici avere speranza vuol dire essere veramente umani, rinunciarvi è rinunciare alla vita da qui le parole di Benedetto XVI: “Solo se c’è in noi una speranza certa potremo dare senso alla vita e riusciremo a vivere i nostri giorni con un amore più forte di ogni possibile delusione o stanchezza, perché è “la vera speranza”.  Mauro Vitale, autore della foto sopra scattata a Fatima (Portogallo) è un fotografo che indaga attraverso il viaggio luoghi, popoli, paesaggi e soprattutto incontri con culture differenti con le quali aprire un dialogo. Dal 1985 è il curatore della sezione  fotografica nelle iniziative culturali ed editoriali della

Tutto cambierà, per non cambiare nulla

di Francesco Lo Piccolo In questi tempi di pandemia è utile ripensare a Erving Goffman (1922-1982) e alla sua definizione “un’istituzione è totale quando ha un potere particolarmente inglobante sull’individuo”. Quattro, in particolare,   secondo lo studioso canadese, sono le caratteristiche di una istituzione totale, ovvero 1) ogni attività si svolge nello stesso luogo e sotto la stessa autorità; 2) gli individui svolgono quotidianamente delle attività per gruppi numerosi, sotto la stretta sorveglianza da parte dello staff dell’istituzione; 3) vi è un sistema di regole ferree e ripetitive che scandiscono le varie attività e fanno scaturire così una standardizzazione dei comportamenti; 4) lo svolgimento di tali attività è diretto al perseguimento dello scopo ufficiale dell’istituzione. Queste quattro caratteristiche sono descritte in una opera imponente che si intitola Asylums e che parla di prigioni e di ospedali psichiatrici e dunque parla di persone che vengono richiuse dentro sp

Il Covid 19 ci assomiglia un po’ troppo

di Fabio Ferrante La velocità con cui la pandemia ha colpito tutto il mondo è figlia di questi tempi. Gran parte del pianeta ha reso i ritmi di vita insostenibili e ha accorciato inesorabilmente le distanze. Alla stessa velocità, agli stessi ritmi e bruciando le distanze mondiali in una settimana, il virus ha assunto le sembianze dei nostri tempi: rapido, globale, senza etica. Ma il virus è anche figlio di quella Cina che a passi da gigante è diventata una grande potenza economica che vuole diventare come i paesi occidentali prendendone gli stessi vizi, ma che nella vastità delle sue province ha ancora usi e costumi di tempi ormai passati. Senza nulla togliere alle tradizioni e alla cultura popolare, ma se in Italia siamo subissati da normative igienico-sanitarie che hanno perfino costretto alla scomparsa di alcuni prodotti culinari tipici, allora anche un paese che pretende di confrontarsi con il mercato globale deve attenersi a logiche sanitarie minime, soprattutto alla luce di

Il virus visto da vicino

David Quammen è uno dei divulgatori scientifici più famosi al mondo. È nato il 24 febbrario 1948 a Cincinnati, in Ohio negli USA. Giornalista e reporter per National Geographic, si è occupato principalmente di virus nei suoi scritti, nel 2014 e nel 2015 ad esempio ha scritto di Ebola e di HIV. Una delle sue opere più recenti sarebbe stata riletta come profezia della pandemia del coronavirus. Si tratta di Spillover, libro pubblicato nel 2012 in cui si cerca di capire da dove provengano i virus moderni e le prospettive future legate agli stessi. All’interno, Quammen prova a ripercorrerne la strada e a individuare gli ipotetici animali serbatoio. Giorni fa gli è stato chiesto: “In che modo i cambiamenti che l’uomo impone all’ambiente rendono la vita facile ai virus?” La sua risposta è stata questa: “Diciamo che ogni volta che distruggiamo una foresta estirpandone gli abitanti, i germi del posto svolazzano in giro come polvere che si alza dalle macerie. Più distruggiamo gli ecosistemi,

Covid 19/ Il pro e il contro

di Giuseppe Mosconi L'abbraccio del  mondo, Acrilico di Carlo Di Camillo Non è solo dramma, paura e morte l’emergenza che stiamo attraversando. I cambiamenti sono talmente radicali e invasivi che, ad uno sguardo complessivo della situazione, fatte salve le attenzioni e le cautele, non si possono che sviluppare delle riflessioni di fondo sul senso di tutto ciò. Se ci orientiamo alla prospettiva di “non tornare alla normalità”, ma di apprendere da questo sconvolgimento globale la dimensione di un cambiamento necessario, lo stesso appare offrirci una serie di elementi positivi. Innanzitutto la rivelazione definitiva dei limiti e delle aberrazioni del nostro modello di sviluppo, dei sistemi socioeconomici rilegittimati e imposti dal neoliberismo. Se alla base della pandemia corrente, così come delle altre recenti,  stanno le devastazioni ambientali, le alterazioni climatiche, gli squilibri nei rapporti tra le biomasse e l’attacco alla biodiversità, indotto dagli allevam

Se cerco nel cerchio…lo trovo, lo sento

di Marco Alessandrini   Se cerco nel cerchio, / se cerco in pollaio, / se cerco la palla, / se cerco la luna, (…) / se cerco moneta, (…) / se cerco stupore, / se cerco una lettera / scritta in amore, (…) / la trovo nel letto, / la trovo nel sole, (…) / la scovo nel matto, / raddoppia nell’oro / il dono d’argento, / se cerco nel cerchio / lo trovo, lo sento”. Una curiosità mi ha sempre colpito. La pratica della magia, che ha origini antichissime e di cui ho letto trattati di “istruzioni” del Rinascimento, richiede che prima di evocare, con nomi e formule, i dèmoni, il mago tracci a terra un “cerchio protettivo”, e vi resti all’interno. Si incomincerà dal formare un cerchio rotondo (…). In seguito con la pietra ematite disegnerete un triangolo all’interno del cerchio (…). Fate attenzione a (…) gettare le monete allo spirito (…) affinché non vi possa nuocere quando si presenterà davanti al cerchio. (Le Grand Grimoire, XIX sec., L’Arcano Incantatore Edizioni, 2002).

Il dono/Sul nulla a caso e sull’origine del coronavirus

di Dario Masini Ho cercato sul vocabolario etimologico la “parola” pipistrello, ed ho appreso che proviene dal latino “vespertilio”, che a sua volta viene da “vesper”, sera. Il pipistrello vola nella notte, ed esce dalla caverne, che ne costituiscono l’ambito naturale in cui vive raccolto con i suoi simili. Il “pipistrello” evoca una paura, un timore, che diviene quasi incontrollabile, quando ti ci senti aggredito. Nella mia vita ho sempre pensato che “nulla è a caso”, e che quindi il Signore, “non a caso”, può avere scelto il pipistrello, e non la lontra, per mandarci questo covid 19. L’altra notte ho fatto un sogno, di una quindicina di persone che salivano su di un monte, su di una larga strada, che sotto di loro facevano ruotare con i piedi un rullo, sul quale quindi salivano la strada, e sopra di loro, tenevano un altro rullo, a braccia alzate, che ruotavano con l’azione delle loro mani. Dopo alcuni metri del “salire”, si aggiungeva un’altra squadra di persone alcune

Ma questi sono solo tempi molto tristi

di Silvia Civitarese Matteucci Sono tempi difficili e dolorosi è vero, ma non siamo in guerra come sembrerebbe da un linguaggio sempre più diffuso che mutua metafore e simboli da eventi completamente diversi. Io davanti agli occhi ho una malattia che non ha volontà, non ha odio, non ha desiderio o determinazione. Un virus ha meccanismi di autodifesa e genetica capacità di adattamento e mutazione che però, una volta individuati, possono essere neutralizzati. La nostra certezza sta quindi nel fatto che per quanto tempo ci possa volere abbiamo gli strumenti per venirne a capo e trovare la cura e soprattutto il vaccino. Questa quindi non è una guerra, non ha neanche la forza di fermare quelle vere che nonostante gli appelli e le promesse proseguono, e per quelle la possibilità di un antidoto o una cura la vedo assai più lontana. Immagine tratta dal film "28 settimane dopo" Gli ospedali non sono trincee: ci si accolla il peso di quell’avamposto per guarire, aver cura, a

Quando le parole sono pietre

di Fabio Ferrante Lo stigma sociale è il fenomeno che attribuisce un’etichetta negativa a un membro o un gruppo con determinate caratteristiche. Fenomeno, questo, ben conosciuto da chi scrive sulle pagine di questa rivista o che partecipa alle attività di Voci di Dentro, ma che mai avrei pensato di vedere associato a un contesto quale quello dell’epidemia da Coronavirus. Una situazione che vedevo come piena di solidarietà, gesti eroici (ma anche comportamenti dissennati), intensa profusione al sacrificio, ma soprattutto un contesto che legava tutti come non mai in un momento di difficoltà (come sempre sappiamo fare noi italiani). Non mi aspettavo che esistesse un documento, prodotto da IFRC, Unesco e WHO con raccomandazioni del John Hopkins Center for Communication Research, che indicasse le linee guida per prevenire e affrontare lo stigma sociale, nel campo della salute, nei confronti di persone con specifiche malattie che possono essere discriminate, allontanate, soggette a perdit